Aglianico

Aglianico, un gioiello del Sud Italia (e non solo)

Quando diciamo Aglianico, pensiamo subito alla Basilicata e, più precisamente, all'Aglianico del Vulture. Ma l'entroterra lucano non è l'unico nel quale si concentrano le coltivazioni di questo vitigno a bacca nera.

Non è infrequente, infatti, trovare uve con lo stesso nome anche in altre aree d'Italia e perfino all'estero. A favorire le condizioni per produrre un buon vino è un clima soleggiato, mai troppo afoso, in aree adeguatamente ventilate.

Naturalmente, da una zona all'altra possiamo riscontrare delle differenze nel colore, nel sapore e nelle note olfattive, che diventano un tratto distintivo del territorio. Nelle prossime righe faremo un viaggio alla scoperta delle caratteristiche, del territorio e di molti altri aspetti riguardanti l'uvaggio e il prodotto finale.

Aglianico, da dove deriva il nome?

Il termine potrebbe derivare da ῾Ελληνικός, vale a dire "appartenente alla Grecia". Le zone da cui proviene il vitigno, infatti, nell'antichità erano colonie greche e le popolazioni elleniche lo avevano importato nell'Italia meridionale, dove ha attecchito fin da subito.

Ma c'è di più: è molto probabile che l'attuale dicitura sia attribuibile agli Aragonesi. Fin dai tempi delle loro conquiste in Italia, pronunciavano la parola "Ellenico" come "Aglianico" e, da allora, il nome non ha più subito variazioni.

Caratteristiche dell'uva per il vino Aglianico

Come già anticipato, si tratta di un vitigno a bacca nera, dai riflessi tendenti al bluastro. I grappoli, costituiti da una o due ramificazioni dette anche ali, sono di piccole dimensioni, di forma conica o cilindrica, il cui peso non supera i 250 gr.

Gli acini formano una struttura fitta, con pochissimi spazi vuoti tra un chicco e l'altro. La buccia è spessa, generalmente ricoperta di pruina (la stessa patina bianca che vediamo anche nelle susine). In fase di vendemmia, la resa delle uve non è mai superiore al 70%.

Localizzazione geografica, clima e tipologia di terreno

Il vino Aglianico proviene non solo dalla Lucania, ma anche da Puglia, Molise e Campania, con vitigni che si estendono per un totale di 7500 ettari entro i confini nazionali. Negli ultimi anni, la coltivazione ha preso piede in altre parti del mondo, come Australia e California, in zone esposte al sole e tasso di umidità moderato.

Per la sopravvivenza dei vitigni risulta decisivo il tasso di umidità, che deve rimanere a livelli molto bassi. In tal modo, le uve raggiungeranno un adeguato livello di maturazione, alla base di una gradazione alcolica ottimale per il vino (12 - 15%Vol./ gradi).

Le DOCG riconosciute dal Disciplinare

L'ampia varietà di vino Aglianico rosso e l'eterogeneità dei suoi nelle regioni del Sud Italia hanno permesso il riconoscimento di ben 3 Denominazioni di Origine Controllata e Garantita e sono:

  • Aglianico di Taurasi, in provincia di Avellino;

  • Aglianico del Taburno DOCG, nel Beneventano Cantina Castelle;

  • Aglianico del Vulture DOCG presso Cantina Strapellum, Elena Fucci Basilicata.

Altre varietà degne di nota, anche se non identificabili con la DOCG, sono quella di Ascoli Satriano (Foggia) e del Cilento (Bassa Campania).

Aglianico e periodo di stazionamento prima della commercializzazione

Come gran parte dei vini rossi, anche questo ha bisogno di mesi o anni per essere idoneo al consumo. A seconda del periodo di affinamento, possiamo distinguere bottiglie che stazionano minimo per:

  • 1 anno in cantina

  • 3 anni per la versione invecchiata

  • 5 anni per le riserve, con vitigno in purezza.

A tale regola fa eccezione l'Aglianico spumantizzato con metodo Charmat, che richiede meno di 12 mesi per l'ottenimento del prodotto finito. Morbido al palato nonostante la presenza dei tannini, è perfetto con i dessert, gli antipasti e i risotti.

Cenni sulla degustazione

Indipendentemente dalla provenienza e dalle differenze tra le tipologie esistenti, tutte le varietà di vino Aglianico hanno un tratto in comune: una somiglianza con il Barolo, simbolo indiscusso del Piemonte e del nord Italia.

Per trarre il meglio del prodotto, consigliamo di utilizzare un calice bombato, in modo da non disperdere gli aromi. Il colore è un rosso rubino intenso, con qualche sfumatura tendente al violaceo in risalto sulla superficie.

All'olfatto e all'assaggio, il bouquet risulta quanto mai variegato. Spiccano note di fiori secchi, frutti di bosco, ciliegie, susine, marmellata. Dopo un periodo di permanenza in cantina, possono emergere tostature, radice di rabarbaro, cuoio, tabacco e spezie.

Ha un apporto di tannini importante, specialmente nelle versioni più giovani (che, peraltro, richiederebbero l'uso del decanter), mentre in quelle affinate e invecchiate tende ad ammorbidirsi. Ad ogni modo, è uno dei primi elementi che richiama l'attenzione al palato, a contatto con il quale risulta robusto e strutturato.

Vino rosso Aglianico e abbinamenti

Nonostante lo sdoganamento dei rossi all'interno dei menù a base di pesce, quasi tutti i sommelier sono d'accordo su un fatto: l'Aglianico non è una varietà adatta ai piatti di mare. Offre il meglio di sé, infatti, in quelli di terra, soprattutto della tradizione.

Per trarne il meglio, va servito a una temperatura compresa tra i 15°C e i 18°C, preferibilmente dopo averlo fatto decantare. Fa eccezione la versione effervescente, da degustare a 8-10°C come gran parte degli spumanti rossi.

Ma veniamo all'accostamento con il cibo: questo genere di vini stanno bene con pietanze strutturate, in particolare con gli arrosti e le carni rosse in tutte le modalità di cottura (al sangue, bleu, media). Bene l'abbinamento con la selvaggina, i tagli di suino alla brace e al forno, soprattutto in presenza di una significativa componente grassa.

Particolarmente riuscita l'accoppiata con i salumi, le lasagne, la pasta ripiena e i primi a base di ragù, sia alla bolognese sia alla napoletana. Anche i formaggi si abbinano bene, purché siano stagionati e a pasta dura (pecorino in primis).

Quanto alle verdure, il binomio non risulta granché, a meno che non siano servite con le carni. Ma, come in molti altri casi, esistono delle eccezioni. Un esempio? I peperoni cruschi (termine che vuol dire croccanti) di Senise, da provare assolutamente con l'Aglianico del Vulture.

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