Pinot Nero

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Il Pinot Nero: un vitigno capriccioso ma affascinante

Pinot Nero è il nome italiano del Pinot Noir, vitigno piuttosto diffuso nel Nord-Est e in Lombardia; la richiesta di uva per gli spumanti ha portato a un raddoppio della sua superficie vitata fino a un totale di 3.500 ha negli anni. Sono pochi i vini rossi dotati di grande intensità aromatica.

La grande uva rossa della Borgogna, che dà il nome alla famiglia di varietà Noirien. Diversamente dal Cabernet S. che cresce in ogni clima salvo i più freddi ed è economicamente remunerativo come vino poco costoso ma riconoscibile, il Pinot Nero esige molto sia dal viticoltore sia dal vinificatore. Il fatto che una percentuale tanto alta dei produttori più ambiziosi del mondo si cimenti con questo vitigno capriccioso è un omaggio al livello impareggiabile di emozioni sensoriali che si provano degustando uno dei migliori rossi di Borgogna. Anche se non dà risultati regolari, il Pinot Nero è stato trapiantato in quasi tutte le regioni vinicole del mondo, salvo che nelle più calde, dove può produrre vini cotti anziché dei capolavori.

Se il Cabernet produce vini che incantano la mente, il Pinot ha un fascino decisamente più sensuale e trasparente. Gli stessi borgognoni sostengono non già di produrre Pinot Nero , ma di limitarsi a utilizzarlo come veicolo per esprimere la geografia locale, le caratteristiche della singola località in cui è stato piantato. Forse la sola caratteristica comune dei Pinot Nero di tutto il mondo è un certo frutto dolce e in generale livelli di tannini e pigmenti inferiori alle altre grandi varietà rosse, Cabernet Sauvignon e Syrah. I vini sono decisamente più affascinanti da giovani ed evolvono più rapidamente, anche se il declino dei migliori è lento. Da giovane il Pinot può avere sentori di lampone, fragola, ciliegia e violetta, mentre con gli anni acquista note più autunnali o speziate, fino ad assumere aromi nettamente più animali dopo molti anni di bottiglia.

I risultati così diversi del Pinot Nero si spiegano in parte con la sua costituzione genetica. È una varietà particolarmente vecchia, con ogni probabilità una selezione di viti selvatiche creata dall’uomo almeno duemila anni orsono. Vi è qualche indicazione della sua presenza in Borgogna nel quarto secolo d.C. Anche se il nome comune del primo Pinot era Morillon Noir, una vite chiamata Pinot è descritta in alcuni documenti della Borgogna già nel secolo XIV, e le sue sorti si legarono inestricabilmente a quelle dei potenti monasteri medioevali della Francia orientale e della Germania.

I cloni del Pinot Nero e la loro influenza sulla produzione dei vini

II Pinot Nero è coltivato da molto tempo in Bourgogne, ma è particolarmente soggetto a mutazioni (conte Pinot Blanc, Gris e Meunier) e degenerazioni, come attesta la quantità di suoi cloni presenti anche in Francia.

Galet, osserva che ben 46 cloni di Pinot Nero contro i 34 del molto più diffuso Cabernet S. sono riconosciuti ufficialmente in Francia, e che negli anni ottanta solo le talee di Merlot erano più richieste di quelle di Pinot Nero nei vivai francesi. È possibile pertanto scegliere un clone di Pinot Nero selezionato per la sua produttività, la resistenza al marciume e/o il livello di maturità che può variare notevolmente. Il lavoro di selezione è stato svolto in gran parte in Borgogna e Champagne e proprio in quest’ultima sono stati creati cloni particolarmente produttivi. In generale, si riconosce che una ragione importante del colore e dell’estratto inferiori di tanti Borgogna rossi degli anni settanta era una selezione clonale scriteriata, che ha dato forse rese superiori ma molta meno diversità e concentrazione nel prodotto finale.

Pinot Droit e Pinot Fin: le diverse varietà del Pinot Nero

Il clone più diffuso in Borgogna è il 115, mentre il 114 gode di una reputazione migliore e i produttori più acclamati tendono a operare selezioni all’interno della propria popolazione viticola. Il clone chiamato Pommard è piuttosto diffuso nel Nuovo Mondo, come quello che prende nome dall’istituto viticolo svizzero di Wadenswil. In generale, i cloni più produttivi, con grappoli a bacca grossa, sono detti Pinot Droit perché le viti crescono diritte, mentre Pinot Fin, Pinot Tordu o Pinot Classique hanno portamento molto meno regolare ma bacche più piccole con buccia più spessa.

Nella misura in cui è possibile generalizzare su di una varietà con tante forme diverse, diremo che il Pinot Nero tende a germogliare precocemente, il che lo espone alle gelate primaverili e alla colatura. È quindi opportuno evitare i terreni umidi e freddi di pianura. Le rese teoricamente sono basse, anche se troppi borgognoni hanno dimostrato il contrario con i cloni produttivi scelti. La vite è altresì più soggetta di molte altre a peronospora e oidio, a marciume in quanto le bucce sono in genere più sottili, e a virosi, in particolare arricciamento ed accartocciamento fogliare, e proprio il propagarsi delle malattie nelle vigne della Borgogna ha portato alla diffusa adozione della selezione clonale.

Il Pinot Nero: la sua diffusione in Francia

Il Pinot Nero produce i vini di miglior qualità su terreni calcarei e in climi relativamente freddi, dove questa vite precoce non giunge a maturità troppo rapidamente, perdendo aromi e acidità. Può essere difficile da vinificare e richiede un controllo costante e un uso accorto delle tecniche in base alle esigenze di ciascuna annata. Il segreto sta nell’estrarre colore e aromi ma non troppo tannino dalle uve a buccia piuttosto sottile, anche se nelle annate morbide qualche vinificatore utilizza i raspi in fermentazione temendo che i livelli tannici siano pericolosamente bassi.

Il Pinot Nero è piantato in tutta la Francia orientale e ha strappato terreno alle varietà meno nobili, la sua superficie totale vitata in Francia di 22.000 ha, il doppio di quella piantata a Pinot Meunier, meno di quella della Syrah e nettamente inferiore a quella totale dell’altra varietà rossa della Bourgogne, il Camay, data la vasta estensione del Beaujolais rispetto alla celebre Còte d’Or borgognona.

La Còte d’Or in passato era la regione vinicola con la maggiore superficie vitata di Pinot Nero , con l’allargamento della Champagne negli anni ha fatto sì che a fine decennio lo Champagne ne assorbisse una quantità maggiore del Bourgogne rosso, 6.000 ha di Pinot Nero in Còte d’Or. Anche nella regione della grande Bourgogne l’uva è raramente mescolata con altre varietà, se non occasionalmente con il Gamay nel Bourgogne Passetoutgrains e, in misura crescente, per conferire classe ai Macon. C’è stato un momento in cui il Pinot Gris era piantato nelle stesse vigne del Pinot Nero e le varietà erano vinificate insieme. I rossi di Borgogna possono essere vini di colore profondo, tannici, densi, affinati in piccole botti, e richiedere un lungo affinamento in bottiglia, anche rosati carichi e acidi di immediato consumo. I migliori grands crus sono vini intensi, polposi, vibranti e fruttati, di bella struttura, con un apporto del rovere mai in evidenza.

Il Pinot Nero guadagna terreno in Còte Chalonnaise e nel Màconnais, in genere a spese del Gamay, in declino in entrambe queste sottozone della Borgogna tra la Còte d’Or e il Beaujolais. Occupava un buon quarto delle vigne del Màconnais, e i rossi di Mercurey, Givry e Rully nella Còte Chalonnaise hanno spesso rivelato una qualità di vinificazione più regolare delle denominazioni più costose del Nord, anche se la qualità del frutto può essere leggermente più rustica.

Il Pinot Nero è la varietà di uva nera preferita in Borgogna settentrionale per la produzione dei rossi e rosati leggeri e fruttati di Irancy, Cótes de Toul e dei vini della Mosella, spesso definiti vins Gris.

È piantato in misura limitata nelle vigne della Loira orientale, in particolare per produrre i Sancerre rossi e rosati, ma anche in Menetou Salon e Saint-Pourçain, ed è autorizzato in svariati V.D.Q.S. della Loira. Secoli orsono fu esportato dalla Borgogna nei vigneti del Jura e della Savoia, ma di solito è mescolato con uve locali e difficilmente prodotto come vino monovitigno. È una rarità in Francia del Sud e dell’Ovest, in cui dominano rispettivamente la Syrah e il Cabernet Sauvignon, ma ne esistono pochi impianti in Minervois e Limoux con risultati a volte interessanti, seppure atipici.

In Alsazia, dove è un vitigno importante fin dall’inizio del secolo XVI, è in effetti la sola uva nera in grado di dare rossi di colore profondo, profumati e leggermente dolci nelle annate più mature. In quelle più fredde dà vini di colore rosa carico, spesso con un aroma fumé simile al bianco Pinot Gris, che possono ricordare gli Spätburgunder tedeschi, e anche con un tocco di marciume nelle annate più umide.

La rinascita dell'interesse per il Blauer Spätburgunder in Germania

La rinascita d’interesse per la qualità nella Germania degli anni ha determinato un netto aumento della domanda del suo rosso più nobile, sicché il (Blauer) Spätburgunder era il quarto vitigno più coltivato del paese dopo Riesling, Moller-Thurgau e Sylvaner, con oltre 5.500 ha vitati, quasi il sessanta per cento in più rispetto a dieci anni prima. Una percentuale crescente del Pinot Nero tedesco è fatta a immagine dei migliori modelli borgognoni, ossia vini completamente secchi, di colore profondo e buona struttura, grazie alle rese molto più basse, a macerazioni più lunghe e in qualche caso all’affinamento in botticelle di rovere. Non mancano i produttori ambiziosi in Rheingau, Renania-Palatinato e Baden, dove si trovano due terzi del Pinot Noir tedesco.

Altri invece restano fedeli alla tradizione di vini di colore rosa scarico, spesso con notevole dolcezza come il Weissherbst. Questi prodotti erano la specialità tradizionale di Assmannhausen in Rheingau e Ahr. In Rheingau si produce anche qualche Spätburgunder decisamente dolce sotto forma di Beerenauslese vendemmia tardiva, che può spuntare i prezzi vertiginosi riservati alle rarità. Occorre però dire che se il Cabernet S. è spesso carico degli aromi del rovere, molti Pinot Nero sono più dolci di quanto dovrebbero, in specie nel cuore dell’Europa, quasi che si ricorresse a uno zuccheraggio eccessivo come alternativa alla vera maturità dell’uva.

Per esempio, il Blauer Spätburgunder austriaco può essere dolce e troppo denso se non è vinificato da uno dei produttori più capaci. Comunque, la superficie vitata austriaca del vitigno è limitata ed è molto più diffuso l’autoctono Saint Laurent, detto a volte Pinot Saint Laurent per un fruttato morbido che ricorda il Pinot Nero.

Il Pinot Nero è piuttosto diffuso, seppure non in misura massiccia, nelle vigne dell’Europa orientale, con nomi che di solito sono varianti locali del termine «borgognone». In altre regioni d’Europa la natura capricciosa del Pinot Nero ha imposto un limite naturale alla sua diffusione. Miguel Torres è riuscito a estrapolare aromi che ricordano i rossi di Bourgogne dalla piccola vigna di Pinot Nero in Catalogna; il vitigno è piuttosto importante in Svizzera, in specie come Klevner intorno a Zurigo e mescolato con il Gamay nell’onnipresente Dole, e in alcune zone vinicole italiane più fredde dove è chiamato Pinot Nero.

La rinascita del Pinot Nero in Nuovo Mondo

Sono stati i produttori del Nuovo Mondo a rivolgere tutte le loro premure e ambizioni al Pinot Nero. Alcuni hanno perfino spostato la cantina a molte centinaia di chilometri per essere più vicini alle zone fredde più adatte al frutto del Pinot Nero . Mentre per anni si è creduto che l’Oregon, con il suo clima spesso tristemente freddo e umido, potesse essere l’unica risposta americana ai Bourgogne rossi, è venuto alla ribalta un gruppo di Pinot Nero davvero fini prodotti nelle zone più fredde della California come Russian River, Carneros, Chalone e i monti Gavilan di San Benito e Santa Maria. Nello Stato gli ettari vitati a Pinot Nero erano 4.000, per lo più nella fredda e nebbiosa Carneros, dove la varietà è apprezzata anche come ingrediente per i vini spumanti prodotti con il metodo classico.

Oltre alla California e all’Oregon (dove l’uva è raccolta fino a sei settimane dopo la vendemmia in California), la varietà non vanta altri insediamenti di grande reputazione. I 120 ha dello Stato di Washington si andavano riducendo per lasciare posto al Merlot. Vi è però qualche nicchia di Pinot Nero nelle fredde vigne canadesi, che producono vini progressivamente migliori. Il vitigno è conosciuto come Pinot Negro in quasi tutte le province argentine dove si alleva la vite, ma il clima troppo caldo e la pratica dell’irrigazione non consentono di produrre vini di qualità, come in gran parte del Sud America.

Gli impianti della varietà in Australia e Nuova Zelanda sono invece cresciuti in misura consistente perché un numero crescente di viticoltori ha appreso l’arte di riprodurre i Pinot Nero fatti in Borgogna e Champagne. Martinborough, Canterbury e Central Orago hanno conseguito risultati particolarmente interessanti in Nuova Zelanda. La superficie vitata del Pinot Nero in Australia era di 1.100 ha, almeno per un terzo troppo giovani per entrare in produzione: in parte un segnale del successo dell’industria spumantistica australiana anche della volontà dei vinificatori del paese di vincere gli inconvenienti del clima caldo ed entrare a far parte dell’élite mondiale dei produttori di vini di qualità.

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