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Chardonnay

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Chardonnay: storia e caratteristiche

Lo Chardonnay un nome così familiare agli appassionati di vino di tutto il mondo che molti non sanno che si tratta di una varietà viticola. Nella terra natia, la Borgogna, lo Chardonnay è stato a lungo l’unico vitigno da cui derivavano tutti i migliori vini bianchi. Perciò, in una terra che si affida alle indicazioni geografiche, il suo nome era noto solo ai viticoltori. Tutto è cambiato in tempi recenti, con l’introduzione di etichette varietali, quando Chardonnay è diventato in pratica un marchio di fabbrica.

E tanto popolare che non si usano quasi mai sinonimi (ma qualche austriaco della Stria continua a chiamarlo Morillon). Il livello alcolico relativamente elevato del vino, che sovente può lasciare una sensazione di lieve dolcezza, ha probabilmente contribuito a tale popolarità, come l’ovvio richiamo del rovere usato molto spesso per produrlo.

Non sono però soltanto gli appassionati di vino ad apprezzare le grandi attrattive, facili da cogliere e difficili da descrivere, del dorato Chardonnay (l’iniziativa dell’Australian Wine Research Institute, un’analisi delle componenti aromatiche delle varietà maggiori, ha incontrato nello Chardonnay un soggetto particolarmente sfuggente, identificando componenti che si trovano anche in lamponi, vaniglia, frutti tropicali, pesche, pomodori, tabacco, e petali di rose). I viticoltori apprezzano la facilità con cui possono ricavare rese relativamente alte da questo vitigno in climi diversi tra loro (può rendersi necessario limitarne la vigoria naturale con un’alta densità d’impianto o con il controllo della vegetazione). Ma la qualità del vino è fortemente compromessa da rese superiori a 80 hl/ha, e per ottenere vini di grande qualità bisogna limitarsi a 30 hl/ha o meno.

Caratteristiche dell'uva Chardonnay

L’unica seria riserva è che la vite germoglia abbastanza presto, subito dopo il Pinot Noir, con conseguente, regolare rischio di gelate primaverili per le vigne più fredde di Chablis e Champagne. La vite è soggetta a colatura e occasionalmente ad acinellatura e le bucce degli acini, piuttosto sottili, possono favorire il marciume se piove in vendemmia, ma si sviluppa in climi diversi come quello di Chablis in Francia settentrionale e nella calda Riverland australiana. Il momento della vendemmia è cruciale perché lo Chardonnay, diversamente dal Cabernet Sauvignon, può perdere rapidamente nelle fasi successive di maturazione la necessaria acidità.

I produttori amano lo Chardonnay per la sua maturità regolarmente buona e la sua flessibilità. Risponde positivamente a una serie di tecniche di vinificazione ben più ampia di altre varietà: allo Chardonnay si può applicare la ricetta della Mosella o del Vouvray, ossia una lunga macerazione a bassa temperatura seguita da un immediato imbottigliamento, oppure lo si può fermentare e affinare in botticelle di rovere, e il frutto di qualità superiore sopporta bene il legno nuovo. Si piega senza difficoltà alla scelta di ciascun produttore in fatto di fermentazione malolattica, per ammorbidire il vino, e di battonage. È altresì un ingrediente essenziale in gran parte dei migliori spumanti del mondo, non solo nello Champagne, dimostrando la sua capacità di invecchiare in bottiglia anche quando è vendemmiato precocemente.

Se invece viene vendemmiato tardi, ha dimostrato di saper produrre alcuni vini dolci degni di lode, in particolare nel Màconnais, in Romania e in Nuova Zelanda, da uve attaccate dal marciume nobile. Riesce a conservare in buona parte il suo carattere anche quando è tagliato con altre varietà meno di moda come Chenin Blanc, Sémillon o Colombard per soddisfare la domanda del segmento più basso del mercato, forse perché il suo carattere, diversamente da quello dell’altro bianco di gran moda, il Sauvignon Blanc, non è troppo marcato. Lo Chardonnay di viti giovani o troppo produttive può risultare quasi acquoso.

I prodotti di base sono appena fruttati (mela o melone), ma al suo meglio questo vitigno, come il Pinot Noir, non è che il mezzo d’espressione del carattere della vigna in cui cresce. In molti altri vini ambiziosi fatti a immagine dei grandi Bourgogne bianchi il suo «gusto» in realtà è quello del rovere in cui è stato affinato o il risultato delle tecniche di vinificazione impiegate. Quando il vigneto è sito nel posto giusto, le rese non sono eccessive, l’acidità non troppo bassa e la vinificazione corretta, lo Chardonnay può dare vini che continuano a migliorare in bottiglia per uno, due e eccezionalmente più decenni, ma non è una varietà in grado di dare vini di lunghissima durata, al contrario del Riesling e dei migliori Chenin Blanc e Sémillon colpiti dalla botrite.

Le origini dello Chardonnay sono oscure. Si è creduto a lungo che fosse una mutazione bianca del Pinot Noir, tanto da essere chiamato Pinot Chardonnay, ma Galet offre valide indicazioni ampelografiche a riprova del fatto che è una varietà a sé stante. Un paese del Màconnais che si chiama Chardonnay ha dato la stura a diverse teorie, altri invece pensano che abbia origini mediorientali, indicandone la lunga storia nelle vigne del Libano.

Esiste una mutazione rara ma distinta a bacche rosa, lo Chardonnay Rose, nonché uno Chardonnay Blanc Musquè dai profumi inebrianti, usato a volte come taglio. Alcuni dei 34 cloni ufficiali francesi di Chardonnay hanno un analogo profumo d’uva, in specie il 77 e 809, oggi piuttosto diffusi, che possono apportare una singolare nota aromatica ad assemblaggi con altri cloni della varietà. L’applicazione tanto entusiastica di tecniche di selezione clonale in Bourgogne ha fatto sì che oggi i viticoltori possano scegliere tra un’ampia gamma di cloni selezionati appositamente per la loro produttività, soprattutto il 75, 78, 121, 124, 125 e 277. Chi invece punta sulla qualità sceglierà più probabilmente il 76, il 95 e il 96.

Uva Chardonnay

Le talee di Chardonnay sono ricercate in tutto il mondo e in molti paesi Francia, America, perfino Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa, nonostante la rigorosa quarantena è la varietà bianca per la quale i vivaisti hanno ricevuto la domanda maggiore a fine anni ottanta, dovuta in parte alla richiesta dei consumatori di bianchi di corpo con la parola magica Chardonnay in etichetta, ma anche alla crescita spettacolare dell’industria mondiale degli spumanti. Lo Chardonnay gode di tale fama che probabilmente è la varietà di cui sono state contrabbandate più talee a opera di produttori ambiziosi frustrati dalle normative sulla quarantena per le piante.

Se in fatto di superficie vitata questa varietà bianca di qualità superiore ha superato Sémillon e Riesling, anche se tre quarti circa dello Chardonnay del paese è piantato in Champagne o in Bourgogne, da lì la varietà si è fatta strada a Sud e a Ovest. È contemplata in un numero crescente di denominazioni e si può trovare in Alsazia, Ardèche, Jura, Savoia, Loira e soprattutto in Languedoc, dove venne introdotta inizialmente per conferire un fascino internazionale ai vini citrini di Limoux.

Chardonnay in California

Quando in California gli ettari a Chardonnay conta 26.600 ha. Quasi metà dello Chardonnay californiano è concentrata nelle contee di Sonoma, Napa e Monterey, ma è discretamente presente anche più a Sud, a Santa Barbara e San Luis Obispo. La qualità va da vini ambiziosi e costosi notevolmente più uniformi e facili dei classici borgognoni a tagli commerciali dolci, ma l’archetipo resta grosso modo lo stesso: vini brillanti e dorati con un tocco di legno.

Chardonnay in Australia

Il settore fondamentale delle esportazioni dell’industria vinicola australiana si basa su Chardonnay dal tipico stile esuberante. Prodotti ricchi di aromi fruttati, spesso mitigati dall’acidità aggiunta e impreziositi da un tocco di rovere, si possono trovare a prezzi ragionevoli. Lo stile varia dai prodotti citrini provenienti dalle località più fredde del Victoria e della Tasmania agli assemblaggi quasi sciropposi e fumé derivanti dalle calde vigne irrigate dell’interno.

Chardonnay in Nuova Zelanda

Gli Chardonnay neozelandesi contengono un’acidità naturale sensibilmente superiore a quella dei vicini trans tasmaniani. Quantunque possa crescere in climi relativamente caldi, va vendemmiato prima che l’acidità scemi (spesso prima che l’uva abbia acquisito un reale carattere) e richiede tecniche piuttosto sofisticate e l’uso di tecnologie per il raffreddamento in cantina. Ecco perché non si adatta bene nelle regioni vinicole mediterranee meno sviluppate.

Chardonnay in Italia

La varietà continua a essere piantata in una serie sempre più nutrita di paesi. L’Italia vanta una lunga storia di coltivazione dello Chardonnay, oltre 6.000 ha specie nella fascia subalpina. Per decenni non si è fatta grande distinzione tra il Pinot Bianco detto anche Weissburgunder in Alto Adige e Chardonnay (tradizionalmente chiamato Gelber, o Golden, Weissburgunder in Alto Adige.

Le pressioni del mercato internazionale hanno finalmente convinto gli italiani che la distinzione poteva essere utile, anche se le autorità hanno tardato a concedere a quest’uva minacciosamente gallica di comparire ufficialmente in una DOC. L’Alto Adige Chardonnay è stato il primo a ottenere la DOC nel 1984, e da allora il vitigno ha ammaliato i produttori di tutta Italia, dalla Puglia al Piemonte e, naturalmente, alla francofona Valle d'Aosta. Oggi buona parte dello Chardonnay italiano è prodotta, spesso senza grandi risultati, in Friuli e Trentino e in misura più limitata in Veneto, dov’è utilizzato soprattutto per dare equilibrio alla Garganega di Soave. Se ne produce qualcuno buono in zone privilegiate del Friuli e del Trentino, ma una parte considerevole viene usata per gli spumanti. Quasi tutti gli Chardonnay fermi italiani più ambiziosi sono passati in legno e prodotti con ogni possibile tecnica di vinificazione. Il vitigno si è fatto rapidamente strada ed è stato piantato in Toscana là dove il Sangiovese matura con difficoltà e in Piemonte in sostituzione del Dolcetto, che può trovare difficoltà sul mercato.

Chardonnay in Austria

In Austria una vite straniera detta Morillon in Stiria e Feinburgunder a Vienna e nel Burgenland è stata identificata come lo Chardonnay. Alcuni Chardonnay austriaci sono piuttosto ricchi e vengono affinati in legno di rovere, altri sono sottili e aromatici, sull’esempio dei loro migliori Riesling, altri ancora sono vini dolci passiti.

Chardonnay in Germania

La Germania è stata uno degli ultimi paesi produttori di vino a inserire lo Chardonnay tra le varietà autorizzate, ma in misura molto limitata; ciò non deve stupire, perché consegnare una delle zone privilegiate del paese a questa varietà squisitamente francese era giudicato da alcuni una sconfitta della nobile varietà bianca tedesca, il Riesling.

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